28 febbraio 2013

Il re di picche


Il Re di Picche, quel giorno, era accigliatissimo.
 
Tutto gli andava di traverso: la moglie era pungente e ispida come un riccio, i fanti si accapigliavano nella corte, il cavallo preferito era diventato improvvisamente matto e s'era andato ad infilare nell'alabarda del cavaliere disarcionato...
“Dimmi un po’ “ gridò al suo collega, il Re di Cuori, che passava in quel momento. ridente e beato: “mi dici come fai ad essere sempre contento? Mi verrebbe voglia di picchiarti...”.
Il Re di Cuori scoppiò in un'allegra risata.
“Che ti succede?”
“Tutto. Mia moglie è sempre di cattivo umore e, appena le dici qualcosa, risponde... picche; i miei soldati stanno sempre sul piede di guerra e non fanno che darsi botte; tu, invece, sembri una pasqua. Dimmi come fai, altrimenti ti picchio davvero”.
Il Re di Cuori si mise a ridere. poi spiegò: “E' per via dell'arma”
“l'arma?”.
“Sì; tu hai una picca che è segno di guerra, io, invece, ho un cuore. C'è differenza”.
“Che differenza?”
“Troppo lungo a spiegarsi. Meglio provare. Prendi il mio mantello e l'arma e vattene a spasso. Poi capirai”.
Il Re di Picche indossò il mantello del collega, prese il cuore fiammante che era la sua insegna e se ne andò per la città.
“Beh”, disse, dopo un po' che passeggiava “sono di malumore più di prima”.
Ma la strada, che prima era deserta, ora si era riempita di ragazzetti schiamazzanti che subito circondarono il creduto Re di Cuori, facendogli festa.
“Che cos'è questa mancanza di rispetto?” voleva gridare il Re di Picche, ma, per paura di essere riconosciuto, stette zitto.
“Signor Re, ci hai portato le caramelle, oggi?” disse il più monello.
“Le caramelle?” fece il Re stupito, ma io non ce ne ho.
“Mattacchione!” urlò il monello, dandogli un col petto sulla pancia.
“Ce l'hai sempre. Provati un po' a frugare nella tasca del mantello”.
Il Re di Picche si frugò e trovò, infatti, una manciata di caramelle che distribuì fra i bimbi festanti.
“Sei buono” disse uno dei più piccini, alzando verso di lui la faccina impiastricciata di zucchero.
“Sei più buono di una caramella al lampone”.
Al re veniva da ridere, ma si frenò, tanto più che si dirigeva verso di lui una giovane donna con un bel bambino in braccio.
“Signor Re, riconoscete questo bimbo?”
“Non lo riconosco, ma è un bel bambino grasso”.
La donna rise contenta. .
“E' il mio bambino che voi avete veduto tanto malato; con le medicine che mi avete mandato, il latte, le uova, guardate come si è rimesso”.
E la donna si chinò a baciare la mano del Re che frettolosamente la ritirò, sapendo di non meritare affatto tanta riconoscenza.
Proseguì il suo cammino, ma poco dopo fu fermato da uno coppia di sposi felici.
“Signor Re, per merito vostro siamo gli sposi più felici del mondo. La casetta che ci avete regalato, ci ha permesso finalmente di sposare e noi abbiamo messo in camera il vostro ritratto in una bella cornice. Come vi siamo riconoscenti, signor Re”.
Il Re di Picche trasecolava.
Possibile che il suo collega facesse tanto del bene, mentre lui regalava cinque lire, ogni tanto, a un povero, ma molto di rado.
Così incontrò tanta gente, e tutti avevano da ringraziare, da benedire.
Un contadino aveva avuto in dono, un piccolo campo; un fabbro, il mantice nuovo, una bambina, la bambola che desiderava, e persino un violinista aveva avuto dal buon Re un violino, in cambio del suo che si era rotto.
Il Re di Picche era sbalordito; tutte quelle benedizioni, quelle feste, gli avevano messo addosso una certa contentezza che gli faceva scordare la Regina di Picche e i fanti che si picchiavano nella corte.
Se il riflesso di tutto quel bene di cui non aveva nessun merito lo rendeva così contento, che cosa doveva essere se quel bene l'avesse fatto davvero?
E tornò alla Reggia in gran fretta.
“Voglio diventare anch'io un Re di Cuori!” disse al collega che lo aspettava nella sala del trono. Quello strizzò l'occhio e rise.
“Non si può” disse: “non si può. Contentati di aver imparato il segreto”.
“E perchè non si può?”.
“Sei il Re di Picche, ma non sei neppure intelligente. Se ci fossero due Re di Cuori in un mazzo di carte, mi dici come farebbero gli uomini a giocare la partita?”.
Per questo il Re di Picche è sempre triste e accigliato.

Mimi’ Menicucci

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